Le disavventure di un vitellone romagnolo.
Giampiero Pizzol
Giampiero Pizzol, Giampiero Bartolini
Teatro Cabaret
Bano Ferrari
Walter Muto (collab. Marco Versari)
60 minuti
Tutti
Mi ammazzo o in gergo felliniano Amamaz, è la divertente storia di un suicidio mancato. O meglio di un suicidio differito che coinvolge due personaggi in un comicissimo atto unico di teatro- cabaret.
Lo spettacolo nasce dall’incontro fra il regista toscano Angelo Savelli e l’autore-attore romagnolo Giampiero Pizzol. Il risultato è un vero e proprio atto unico di teatro comico. Mi ammazzo o in gergo felliniano Amamaz, infatti, è la divertente storia di un suicidio mancato. O meglio di un suicidio differito. Ma Amamaz è anche e soprattutto la storia del rapporto che lega un curioso personaggio di arrangione solitario alla sua terra d’origine: la Romagna delle grasse sagre paesane e delle orde di villeggianti. Infatti, quando tutti festeggiano, c’è qualcuno che chiuso in casa soffre la solitudine.
Ed ecco Ottavio Sozzi, l’ombrellone umano, il vitellone mancato, il clown nero nato dall’estro di Pizzol, che si tasforma in questo testo, ideato a quattro mani da Pizzol e Savelli, da personaggio di cabaret in maschera teatrale. Allo sventurato Sozzi fa da contraltare un nuovo personaggio, l’igienista Forbiti, interpretato dall’attore cabarettista Giampiero Bartolini, coinvolto casualmente negli avventurosi e improbabili suicidi del nostro anti-eroe. Ma in realtà nessuno ha voglia di
uccidersi, c’è invece una voglia di raccontare e di rivivere le proprie avventure sperando in un futuro più roseo. Due figure e due destini diversi, uniti, solo per un breve momento, dall’impossibile amore per la dottoressa Doris. Ma soprattutto uniti, con il pretesto di un banale incidente, nel dar fondo ad un comicissimo dialogo che porta i protagonisti di questo casereccio “delirio a due” ad una illusoria liberazione nelle cadenze di un ballo. Liscio naturalmente!
La rappresentazione, tutta in italiano, tranne ovviamente il titolo, che fa pensare volutamente all’Amarcord felliniano, vive di un clima sempre in bilico tra allegria e nostalgia, solitudine e compagnia, realtà e fantasia. Creato come teatro d’appartamento e poi approdato sui palcoscenici e nelle piazze o in sale, cortili, cantine, locali pubblici, la pièce si caratterizza per il suo linguaggio popolare e clownesco in grado di dare vita ad uno spettacolo vivace e frizzante.